In questi giorni la Coldiretti ha allestito un vero e proprio spettacolo al Circo Massimo di Roma, uno dei migliori colpi d’occhio degli ultimi anni.
#Stocoicontadini è diventato nella prima giornata trend topic su twitter. La visita di tutti i più importati politici italiani non è mancata: il ministro dell’interno Salvini, quello del lavoro Di Maio, passando per il presidente del Parlamento Europeo Tajani. C’erano tutti.
E c’erano anche centinaia di stand e di aziende enogastronomiche, il fiore all’occhiello dell’Italia.
Ma c’è oggi la possibilità di fare dell’agricoltura un mestiere per la vita? Guardando tanto spettacolo, e percependo un sano entusiasmo sembrerebbe proprio di sì. Ma andiamo con ordine.

Cos’è oggi l’agricoltura

Intanto è uno stile di vita: vivere da protagonista la natura, vivere coi piedi oggettivamente sulla terra, in un contatto con l’ambiente costante. Sembrano banalità, ma dal vestirsi fino agli orari di lavoro fanno dell’agricoltura un vero trend, una dimensione atipica rispetto alle altre professioni.
L’agricoltura è anche produzione di energia. Le centrali a biomasse sono in costante crescita in Italia, dove si è superato abbondantemente le 200 unità di impianti. Si prevede che nel 2020 la produzione di energie da biomasse raggiunga il 10% del totale della produzione di rinnovabili.
Poi c’è l’agricoltura destinata alla ricettività turistica. Pensiamo agli agriturismi, agli agriresort, agli agricampeggi. Tante situazioni che regalano esperienze dentro la campagna a 360 gradi. L’Istat nel 2017 ha riconosciuto un incremento del 3,3% di aziende agrituristiche, che ad inizio anno erano 23.406.
Non possiamo dimenticarci dell’aspetto puramente commerciale. Produzione e vendita a Km0. Pensiamo ai mercati, alle sagre ed eventi, o alle forniture delle aziende del food come ristoranti e esercizi similari. Un pezzo di PIL.
Poi ci sono le grandi colture. Con prodotti spesso destinati all’export che ci rendono orgogliosi nel mondo. Molto impiego e possibilità di lavoro.

Un quadro d’insieme con alcune statistiche:

Gli istituti superiori di agraria vanno a gonfie vele. Nell’anno in corso ci sono stati 45.000 iscritti. Negli ultimi cinque anni si è avuto un incremento del 36%. Secondo uno studio della Coldiretti nei 35 percorsi formativi didattici, gli istituti tecnici agrari registrano un tasso di occupati del 73% ad un anno dal diploma.
Anche l’università agraria è una valida scelta per gli studenti. Il 3,5% circa sceglie la facoltà.
L’Italia detiene il record di prodotti a marchio DOP e IGP. E sono in aumento il numero di giornate di lavoro nel settore agricolo. Un dato su tutti la Puglia, dove l’incremento è stato del 7% del 2007 sul 2006.
L’Italia infine è al primo posto in Europa anche per aziende biologiche (60.000 circa).
Recenti studi della Commissione Europea fanno segnalare una prospettiva di crescita del settore agroalimentare per il 2018 di +3,5%.

Nervi scoperti

Un quadro, questo, che sembrerebbe dare una dimensione molto positiva dell’agricoltura italiana. Ma non è tutto rose e fiori. Alcune questioni aperte rimangono ancora molto problematiche.
Il reddito. Quello degli agricoltori ha due questioni aperte: è inferiore rispetto ai salari degli altri settori dell’economia; è instabile, volubile e dipende molto da fattori terzi.
I cambiamenti climatici sono in evidente e costante aumento.
Le Tasse sul lavoro sono molto alte anche rispetto al contesto europeo.
La burocrazia forte ed in costante aumento.
La presenza di pochi investimenti dello Stato.
Infine il ricambio generazionale. Benché ci sia una spinta importante nelle nuove generazioni, solo il 4,5% di agricoltori sono under 35.

Dunque, torniamo alla domanda iniziale: si può scegliere di diventare contadino?

Rispondere a questa domanda comporta sicuramente un ragionamento molto approfondito. E soggettivo. Intanto la campagna è sacrificio. Il lavoro è sacrificio. Ed a questo sacrificio oggi non si è più abituati. La campagna è un settore completamente diverso da quello statale o parastatale. Non è un lavoro che permette ferie prestabilite, non ci sono orari e si è soggetti alla stagionalità.
Per fare il contadino non serve solo non trovare lavoro in altri settori, serve scegliere di farlo. Con passione, dedizione e predisposizione al sacrificio. Serve poi competenza, studiare, formarsi. E serve voglia di sporcarsi le mani, di avere un contatto diretto con la natura. Serve poi investire, economicamente e umanamente oltre che professionalmente. L’Europa deve settare meglio il fattore contributivo e lo Stato Italiano decidere di puntare definitivamente nel settore.

L’Italia è un Paese che sta in punto di morte, l’abbiamo spesso paragonata in questo blog ad un malato con arresto cardiaco in corso. L’unica funzione vitale che non desta preoccupazioni è il turismo ed il settore agroalimentare.
L’entusiasmo di Roma generato dall’evento della Coldiretti è molto significativo; e positivo.
Ora servono mani, cervelli e nuovi strumenti d’innovazione. Allora si può diventare contadini. Ed essere felici.