“L’Italia è un paese che vive di turismo”. Quante volte ce lo siamo detti durante una chiacchierata tra amici al bar o una discussione in un post di Facebook. L’Italia è (dati 2017) il quinto paese più visitato del mondo e dieci persone italiane su cento lavorano nel settore turistico. Sessanta milioni di visitatori l’anno. Un dato pazzesco. Non parliamo certo a vanvera.

La politica dal suo canto, negli ultimi anni, non si è mai occupata seriamente di turismo: manca un’iva agevolata sui viaggi, non esiste una campagna nazionale seria, i territori sono completamente in mano alle regioni che decidono in autonomia per colpa di una legge che delega loro poteri tout court e le infrastrutture, salvo qualche raro caso, sono obsolete ed al limite del ridicolo.

Eppure sembra che al peggio non ci sia mai fine e che tutto sommato potremmo anche dire che “era meglio quando era peggio”, ovvero quando si restava fermi a guardare gli altri paesi del mondo progredire. Oggi invece sembrerebbe addirittura che ci sia un arretramento nazionale, guardiamo gli altri crescere a velocità ancor più alta.

Questo arretramento non deriva dal fatto che non è stato ancora istituito un ministero del Turismo. Questo semmai è l’immobilismo di cui sopra. La notizia che sa di “retromarcia” è un’altra: la proposta di legge, recentemente depositata alla Camera, che supera la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali.
Tradotto: chiudere i negozi di domenica. Fatte salvo le domeniche di dicembre e altre quattro durante l’anno.

Dato che siamo un paese che ha molta occupazione e scarseggiamo di forza lavoro, il problema di nostri parlamentari è come abbassarla. E sembra che per ora l’idea ci sia. La proposta porta la firma di Barbara Saltamartini, presidente della commissione attività produttive della Camera (leghista, ma ex Alleanza Nazionale, ex Pdl, ex Nuovo Centro Destra), ma non è la sola perché di proposte di legge del genere ce ne sono ben quattro: la sua, una di iniziativa popolare, una del Pd ed una del Movimento 5 Stelle.

Insomma a noi sembra veramente una presa in giro. Da un lato si parla tanto di Turismo e ci vantiamo di essere una nazione con questa vocazione, dall’altra ci preoccupiamo di chiudere la domenica per consentire, in forma obbligata, di trascorrere un giorno in famiglia ai titolari di strutture commerciali.

La domenica dunque si assisterebbe ad una serrata. Fatto salvo, ovviamente alcune categorie, (poverine….). Pensiamo ad i ristoratori, loro devono far da mangiare a quelli che si riposano. Oppure agli operatori ecologici delle nostre città, loro devono far trovare i giardini puliti. Oppure ai camposantieri, sempre pronti a dover ricoverare salme (si può morire anche di domenica). O meglio ancora ai rivenditori di pasta fresca, aspettano la domenica per lavorare….
E poi un altro tema, che riguarda i visitatori. Ma che città sarebbero le nostre, specialmente i nostri piccoli borghi, se abbassiamo le saracinesche dei piccoli negozi artigiani? Potrebbero vivere più senza domenica? Sarebbe interessante capire il fatturato domenicale di questo genere di attività. Speriamo che la Cgia di Mestre possa farsene carico….