È stata tutta una farsa

Con le parole di Giorgia Meloni si è chiusa la giornata politica di ieri, 7 aprile 2020; una giornata attesissima per il voto degli emendamenti al “Cura Italia” in commissione bilancio al Senato. Le opposizioni avevano stabilito che fosse proprio quello il banco di prova della collaborazione istituzionale chiesta dalla Presidenza della Repubblica poche settimane fa.

D’altronde  tavoli bilaterali non hanno mai soddisfatto il centrodestra: ritenuti sterili, privi di numeri (€) e di atti concreti. Nonostante ciò hanno responsabilmente lavorato in maniera istituzionale con la maggioranza: comunicazione soft, niente barricate, nessun ostruzionismo, dialogo parlamentare sempre aperto e, soprattutto, netto taglio agli emendamenti al “Cura Italia” che sono passati dagli oltre 1000, a meno di 100, con la speranza che, almeno una parte, venissero accolti. Cosa significa collaborazione, se non trovare insieme soluzioni e ragionare sui provvedimenti?

Ma niente è servito, la sinistra ha serrato i ranghi e chiuso le porte alla collaborazione: la commissione bilancio ha rigettato tutte le proposte della minoranza. Finito? No, perché al “Cura Italia” il Governo ha anche messo la fiducia. Tradotto: testo blindato come uscito dalla commissione bilancio e nessuna possibilità di modifica da parte dell’aula.

Cabina di regia andata in fumo?

Può darsi, e sarebbe anche auspicabile a questo punto, visto anche il tenore dei provvedimenti che il Governo sta emanando. Sarebbe un clamoroso autogol per il centrodestra metterci il cappello. Tra disastri di comunicazione e creazione pura di debito, la possibilità che l’Italia faccia alla fine della Grecia è altamente probabile.

 

Quello che abbiamo già fatto invece, è la fine dell’Ungheria, dove il Parlamento ha avuto (almeno la decenza) di votare i pieni poteri a Viktor Orbán. Da noi no: lo hanno deciso da soli quelli al governo, lavandosi le mani, come Ponzio Pilato, con l’istituzione della misera cabina di regia, il contentino dato al capo dello Stato e a Salvini & co. La risoluzione dell’emergenza non sta passando dall’organismo costituzionale deputato a fare le leggi, ma dai DPCM che, ricordiamo, non devono essere vagliati né dal Parlamento né tantomeno dal Presidente della Repubblica.

A differenza dell’Ungheria inoltre, noi non abbiamo votato neanche l’attuale Presidente del Consiglio (Giuseppe Conte), né il ministro dell’economia (Roberto Gualtieri), quest’ultimo sí deputato, da dopo le suppletive di Roma. Figure che fino a tre mesi dopo il voto del 2018, non sapevamo neanche esistessero al mondo. Ebbene, queste due persone, stanno gestendo la più grande crisi economica dal dopoguerra ad oggi. 

Di questo qualcuno dovrà giustificarsi perché la storia, come sempre, alla fine porta il conto.