Corrono veloci ultimatum e appelli alla responsabilità del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte verso i due leader di una maggioranza arrivata quasi al capolinea.

Non possiamo lavorare se continuano polemiche e freddure sui social

Il tema è il decreto sblocca cantieri, con iter legislativo in parlamento. La Lega propone un maxi emendamento che racchiude in sintesi il superamento del codice degli appalti del vecchio governo per i prossimi due anni.
Secondo il premier questa azione provocherebbe due gravi conseguenze:

1) Vulnus legislativo in quanto dietro il codice degli appalti c’è un regolamento abrogato (in realtà ci sarebbe la regolamentazione europea a supplire, ma vabbè, sorvoliamo…).

2) Un rallentamento incredibile dell’iter per via dei 400 emendamenti contenuti nel maxi testo leghista.

La guerra fredda del governo gialloverde è ai massimi livelli. Tra gli uffici del Parlamento circola anche la data del voto, il 29 Settembre. Un muro contro muro che non riesce a risolvere neanche il capo del governo.

Lo spartiacque arriva in tarda mattinata, quando tutto sembra potersi ricucire. Arrivano infatti i soliti messaggi tra i due vicepremier dopo una telefonata al miele (così dicono) di Di Maio a Salvini che i giornalisti commentano così:

Salvini e Di Maio si sentono al telefono e assicurano che l’accordo c’è. I toni sono distensivi. “In Italia – commenta il leader della Lega – si torma a lavorare, a costruire, a fare, a scavare, a sistemare e a ristrutturare“. Non è escluso, a questo punto, che un incontro potrebbe tenersi a breve, tra oggi e domani (più probabile), ma a questo punto senza Conte, in partenza per il Vietnam salvo cambi di programma dell’ultimo minuto.

In questa vicenda abbiamo carpito due messaggi:

Uno.
In altri tempi un presidente del consiglio si sarebbe rivolto ai cittadini, invece quello attuale non parla al popolo ma pone la questione strettamente ai due vice premier. Ovviamente non si poteva immaginare un finale diverso. Conte non è stato messo lì dalla gente. Ce l’ha messo la politica, il palazzo ha scelto il suo nome.
Chi si ricorda di Giuseppe Conte prima del luglio scorso? Se lo aveste incontrato per strada lo avreste riconosciuto? Avreste saputo dire il suo nome? Lo avresti indicato con fare curioso? A quel viso avreste dato un nome?
Purtroppo, per lui, no. Ed è quindi evidente che non debba rendere conto a nessuno se non a coloro che lì ce lo hanno piazzato: Di Maio e Salvini, con il benestare del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Due.
Il Movimento ha paura del voto ed il governo vivrà mesi di traino leghista. Perché le elezioni vedrebbero in questo momento una Lega al 35% ed un m5s intorno al 15%. Rischio enorme di regressione che tutti, Grillo in primis, vorrebbero scongiurare.
La telefonata di Di Maio porta con sé una bandiera bianca sventolata con sobrietà. Una piccola resa dal sapore amaro, ma che vale per il momento questi titoli:
La fine dell’ennesima puntata difficile volge al termine, e sembra anche stavolta avere un bel finale (per il governo). Certo che questo post-elezioni sembra più la serie finale di Games of Thrones che La Casa nella Prateria.

Alla prossima….