Sono arrivati a governare l’Italia con una quantità esagerata di belle parole e buoni propositi, ammaliando molti italiani e creando un esercito, vero e proprio, di militanti sul web (e anche nelle urne).

Un MoVimento nato in nome della protesta, dal vaffanculo collettivo nelle piazze è arrivato a Palazzo Chigi.

Un fenomeno da studiare, l’unico di protesta così forte e consolidato in Europa.

Ma è durato poco, oggi lo potremmo definire in via di estinzione; sondaggi alla mano, è il partito che ha fatto la più grande involuzione negli ultimi due anni.

Ma perché un partito con così tanti ministri, con così tanto potere si sta arrivando su se stesso? la risposta è racchiusa in una sola parola: incoerenza.

Ci sarebbe da dire anche incompetenza, ma rischiamo di travalicare nel campo della soggettività, invece vogliamo rimanere neutri e spiegare, punto per punto, le ragioni che hanno portato il M5S a fallire, miseramente.

Ecco, in dieci punti i trasformismi del MoVimento 5 Stelle, nato per scardinare le regole della politica, e finito per esserne parte integrante

1- Limite dei mandati

Il MoVimento 5 Stelle ha creduto, fin dagli albori, che una delle missioni della politica fosse quella di considerare la politica stessa non come un mestiere. Personaggi che per quindici o venti anni ricoprono lo stesso incarico erano da considerarsi dei dinosauri della politica.

Così il MoVimento 5 Stelle mise nero su bianco una norma all’interno del proprio codice etico che prevedeva la possibilità di candidarsi solamente per due mandati in qualsiasi carica elettiva. Tutto bene fino alle ultime politiche, quando Di Maio forma un governo con Matteo Salvini. Da lì la crisi del 2019 e la relazione con il PD. In questo lasso temporale, fatto di molti fallimenti, gli eventi hanno portato ad un cambio netto di strategia: per governare le istituzioni serve conoscerle, viverle.

Ed eliminare le regole dei due mandati può aiutare il MoVimento 5 Stelle a formare una classe dirigente migliore.  Detto fatto, anno 2019: regola cancellata.

Eppure, le classi dirigenti formate, non erano un male da estirpare??

2 – La politica dei NO

a) No ai condoni

Sempre contraria ai condoni, nel 2017 sul blog del MoVimento si leggeva “il governo strizza l’occhio ai furboni“, nel 2014 “gli evasori ringraziano per il condono, lo ottantunesimo dall’unità d’Italia“, nel lontano 2010 “scudo fiscale una porcata“.

Poi i grillini arrivano al governo, e cosa succede?

Succede che si rendono autori della pace fiscale, ovvero: chi ha evaso le tasse, grazie a questa loro legge, potrà dedurre il 30% evaso fino ad un massimo di €100000, pagando un’aliquota del 20%. La legge prevede anche la rottamazione delle cartelle esattoriali.

Non ridete.

b) No al “salvabanche di Renzi”, si alla restituzione totale del perduto

Ricordate la storia di Banca Etruria (e le altre tre) ?Ricordate i salvataggi che il Partito Democratico mise in atto per le banche e per cui il MoVimento 5 Stelle fece il diavolo a quattro in parlamento e fuori?

Ebbene, una volta al governo, il MoVimento 5 Stelle insieme alla Lega, salvano la Banca Carige.

Per capire di cosa si tratta postiamo la dichiarazione dell’associazione dei risparmiatori all’indomani del provvedimento del governo

Hanno preso un sacco di voti promettendo che avrebbero ridato a tutti l’intero ammontare dell’investimento perdutoma

la norma viene definita

niente di diverso da quello che ha fatto il Partito Democratico in precedenza.

In pratica, mentre l’anno prima erano nelle piazze a chiedere un rimborso totale degli investimenti, ovvero la copertura del 100%, a distanza di 365 giorni, e dalla posizione di Governo, riescono a coprire soltanto il 30% dell’investimento perduto.

Complimenti per le chiacchiere fatte in passato.

c) no alla tap

Alessandro Di Battista, nel 2018, non si è ricandidato alla carica di parlamentare, ma è sceso comunque sul territorio a fare campagna elettorale. In uno dei luoghi simbolo della battaglia contro il Tap, Melendugno, salì su una panchina per gridare che l’opera sarebbe stata chiusa in 15 giorni dall’insediamento del Governo.

Il Tap (Trans Adriatic Pipeline) è la parte finale di un megagasdotto di quattromila chilometri che parte da un giacimento in Azerbaijan e approda in Italia per trasportare il gas in Europa e che completerà il cosiddetto Corridoio Sud del gas.

Il MoVimento non lo vuole.

Tra novembre e ottobre del 2018, dai posti di comando del Governo, il Tap non risulta chiuso, al contrario proseguono spediti i lavori. Nel comune di Melendugno, si bruciano le bandiere del MoVimento 5 Stelle, col sindaco in testa.

d) no alla tav

In questo caso la presa in giro è pure esilarante.

In campagna elettorale le bandiere no TAV e quelle del MoVimento 5 Stelle si stampavano fronte retro. Ma quando il partito grillino sale al Governo, cosa succede all’opera che si erano impegnati di bloccare raccogliendo centinaia di migliaia di voti in Piemonte? Niente, il Presidente del Consiglio (di emanazione 5 stelle) si pronuncia positivamente sulla Tav: si farà.

E non è finita, perché dopo che i movimenti per il no alla Tav levano una protesta fortissima contro il Governo ed il MoVimento, quest’ultimo mette in piedi una sceneggiata che non fa altro che aggiungere benzina sul fuoco: a fine luglio 2019 presenta in Senato una mozione contro la TAV. Una mozione vista dall’Italia intera come il misero tentativo di salvare la faccia.

Che risultatone…

e) no alle trivelle

In questo caso la situazione è leggermente più soft; poiché il MoVimento 5 Stelle riesce ad ottenere qualcosa rispetto alla battaglia che aveva fatto quando era all’opposizione.

Nel programma elettorale dei grillini è messo bene in evidenza l’intenzione di fermare le trivellazioni per la ricerca di gas e petrolio in Italia. Quando arrivano però al governo, inizia lo scontro frontale con la lega di Matteo Salvini, che invece le trivellazioni le vuole.

Il risultato è mediocre ed è frutto di un lungo compromesso. Di fatto si sospendono le attività di ricerca e prospezione, ovvero quei lavori che servono per valutare se una zona è ricca di gas o meno. Sono 39 i progetti che vengono fermati in attesa di capire dal ministero dell’Ambiente dove si potrà trivellare. Ma, e qui arriva il brutto per i cinque stelle, se una compagnia ha già chiesto l’autorizzazione per estrarre petrolio o gas, la procedura amministrativa deve essere portate a termine e, se con esito positivo, si potrà procedere alla trivellazione.

Trivelle modalità on.

f) no Ilva

In Puglia il MoVimento 5 Stelle ha ottenuto un vero e proprio plebiscito elettorale. A Taranto ha preso addirittura il 47% dei consensi grazie ad una campagna elettorale concentrata unicamente su una promessa: bloccare l’Ilva, uno dei siti industriali più inquinanti d’Europa. A distanza di pochi mesi dall’insediamento del Governo targato Movimento 5 Stelle, col il Ministro dello sviluppo economico che è nientemeno che il capo politico del MoVimento 5 Stelle, l’esecutivo dà il via libera all’accordo di vendita ad Arcelor-Mittal sulla scorta del piano programmato da Carlo Calenda, ex ministro PD.

Alla faccia di tutti gli amministratori locali e degli attivisti pugliesi.

3 – Le dirette Facebook

Abbiamo tutti bene in mente la trattativa tra Bersani da una parte, e Crimi e Lombardi dall’altra (27 marzo 2013) e la trattativa tra Renzi e Delrio da una parte, e Grillo e Di Maio dall’altra (19 febbraio 2014).

Erano gli anni in cui il movimento stava scavando tra i cuori della gente. L’immagine del cambiamento fu anche quella delle due dirette Facebook in mondovisione.

Tanto per ricordare, Beppe Grillo, in quella occasione, rimproverò a Matteo Renzi di utilizzare il meccanismo dei decreti-legge con troppa veemenza (considerate che Matteo Renzi non era ancora mai entrato in aula da premier, e considerate quanti decreti stanno facendo loro da due anni che sono al Governo)

 

Che fine ha fatto quella abitudine così trasparente? Ci chiediamo: perché non è andato in onda lo streaming della trattativa tra il MoVimento 5 Stelle e la lega di Matteo Salvini nel 2018? Perché non è stata trasmessa in diretta social la trattativa tra il MoVimento 5 Stelle è il Partito Democratico nel 2019?

Piroette…grilline

4 – Le alleanze e gli accordi

Uno dei tasselli fondamentali del puzzle a 5 stelle, era quello che recitava:

Andremo da soli

le declinazioni del verbo grillino erano poi svariate: no alla alleanze, no agli accordi politici, e nessuno spazio per gli inciuci post-elettorali.

Ad aprire una breccia tra gli animi più puri, fu per la prima volta Luigi Di Maio, a fine gennaio 2018, quando mancavano pochi mesi alle elezioni politiche (e il cambiamento del MoVimento era già nell’aria). In una intervista al Corriere della Sera parlava così

Convergenze programmatiche e non alleanze, tutto dovrà ruotare intorno ai bisogni degli italiani, perché quello che proponiamo è un cambio di prospettiva rispetto a come stato governato fino ad oggi il paese

Passano pochi mesi ed il MoVimento 5 Stelle, con Di Maio capo politico, firma l’accordo di governo con la Lega: si dividono i ministeri, gli incarichi di governo e tutte le nomine che da esso derivano.

Passano ancora 12 mesi, e l’inciucio, il MoVimento 5 Stelle, lo fa con il Partito Democratico, mollando Salvini.

Ma non è tutto. Sdoganata la possibilità di accordi post elettorali, e nel pieno di una crisi politica evidenziata dai risultati alle elezioni europee e quellei elezioni amministrative, il MoVimento 5 Stelle, con il Partito Democratico di Nicola Zingaretti, riesce a siglare accordi pre-elettorali presentandosi come alleati alle elezioni sul territorio.

Ma quelli del PD, per i grillini, non erano mafiosi?

Chr stile…

5 – Elezione diretta del Governo

Il MoVimento 5 Stelle ha sempre chiesto una riforma del sistema elettorale cercando l’elezione diretta del Governo. Anni di battaglie su questo e la prima occasione che hanno per andare a sedere sui banchi della maggioranza cosa fanno?! Votano la nomina di Giuseppe Conte, un perfetto sconosciuto al mondo intero fino ad allora, a Presidente del Consiglio dei Ministri e capo del Governo italiano.

E non lo fanno una volta soltanto, ma nell’arco di un anno, lo votano ben due volte.

6 – Mamma RAI

Il cavallo di battaglia, sin dal principio, per il MoVimento 5 Stelle era la denuncia contro l’occupazione delle poltrone della Rai da parte della politica. Questa battaglia è durata dal primo giorno della nascita del Movimento fino al giorno della salita al Governo quando, a distanza di poche settimane dal suo insediamento, la commissione di vigilanza Rai ha dovuto nominare il presidente, Marcello Foa ed il Parlamento il cda. 

Partiamo dal presidente. Scriveva Nicola Fratoianni di Leu su Twitter

Hanno trovato l’accordo, dopo la cena fra Salvini e Berlusconi: Forza Italia ha votato con M5s e Lega per Foa presidente della Rai: le mani di Berlusconi sulla tv di stato. Nessuna novità

Questo messaggio chiarisce la manovra (sacrosanta, ci mancherebbe) politica del MoVimento, che con Forza Italia ha trovato l’accordo per la nomina del presidente Rai.

Prima ancora  era  toccato al CDA Rai, con le quattro nomine del Parlamento, due provenienti dalla Camera e due dal Senato.

In questa storia tutti si aspettavano che il M5S si prodigasse per far mettere giù le mani (della politica) dalla TV di Stato. Invece niente, nuovi consiglieri, vecchi schemi: Coletti (M5S), Rossi (Fratelli d’Italia), Blasio (Lega), Borioni (PD).

Una volta stabilito il board pubblico, si può finalmente procedere con l’individuazione dei nuovi direttori. Tutti si aspettano che il M5S faccia mettere giù le mani della politica dalla TV di Stato, ed invece ecco i nuovi direttori:

Tg1 – Carboni, vicino ai 5 Stelle

Tg2 – Sangiuliano, vicino Lega

RaiUno – De Santis, vicino Lega (fino al 2020, poi Coletta, vicino PD)

RaiDue – Freccero, vicino M5S

Insomma, giù le mani dalla Rai o le mani sulla Rai?

7 – Non andare in Tv

Vi ricordate il MoVimento, quello primordiale? Quello dei meetup, e della TV che fa schifo, del web come unica arma per infondere il verbo? Quel movimento è chiuso dentro un qualche scatolone in una soffitta di un qualche museo di storia.

Le regole che impongono a tutti gli attivisti e a tutti gli eletti del MoVimento 5 Stelle di non partecipare ai salotti della TV, sono diretta emanazione del grande capo, Beppe Grillo:

Ho fatto TV per 40 anni, la TV fa male non per quello che viene detto ma per quello che si vede

Ricordate Marino Mastrangeli? Il deputato trasgressore che osò andare su La7, ospite a “L’aria che tira”, o a Canale 5 da Barbara D’Urso a “Pomeriggio 5”? Mastrangeli, per tale comportamento, fu messo nel mirino da Vito Crimi, allora capogruppo alla Camera. L’ex deputato grillino si difese sostenendo la tesi di non aver partecipato al dibattito televisivo, ma gli aver solo enunciato le sue tesi in TV.

Per lui niente da fare: espulsione dal MoVimento. Era il 2013.

Nel 2014 avviene la svolta, perché alle elezioni europee iniziano le prime aperture alla televisione, mentre nel 2015 si apre definitivamente la possibilità a tutti di andare in TV. Il MoVimento aveva capito che per parlare con gli italiani, il web, da solo, non bastava.

Oggi Luigi Di Maio, è tra i più presenti degli spazi informativi della Rai.

8 – Le rotazioni dei capigruppo

Siamo sinceri, ad un certo punto nessuno ci capiva più niente. Soprattutto i giornalisti, che si perdevano tra i contatti dei vari segretari e collaboratori stampa dei deputati e senatori grillini che ogni tre mesi diventavano capogruppo.

Non avremo un capogruppo unico in camera e senato punto non è una figura così importante

Parlava così la giovanissima deputata Laura Castelli (26 anni), il 26 febbraio del 2013.

Ovviamente, è stato bello finché è durato. Il MoVimento oggi ha capigruppo stabili e duraturi nell’intero arco della legislatura.

Tu chiamala, se vuoi, coerenza.

9 – Tutte le cariche scelte dalla base

a) cariche di partiro

Il movimento da sempre stato chiaro: democrazia interna a tutti i costi ed a tutti i livelli. Non stiamo qui a parlare dello strumento democratico per eccellenza del partito grillino, il Rousseau; questo merita certamente un capitolo a parte.

Una volta il MoVimento credeva veramente che dovesse essere la base a scegliere la propria classe dirigente, sia i dirigenti di partito, sia le cariche elettive. Peccato che oggi, Vito Crimi, sia la figura apicale del partito (esclusi Casaleggio e Grillo) e non sia stato scelto da nessuno, se non da chi sta sopra di lui. Passato come una figura temporanea, sta gestendo, da capo politico del MoVimento 5 Stelle, una fase emergenziale,la più difficile della storia della Repubblica italiana.

b) Cariche elettive

Il livello di governo, per il MoVimento 5 Stelle non importa. Anche sul territorio è la comunità degli scritti a decidere i propri rappresentanti. Ricordate le “comunarie” di Genova del 2017? Tra i vari partecipanti alla carica di candidato sindaco per il MoVimento 5 Stelle c’era tale Marika Cassimatis, attivista sin dal 2012. Al primo turno prende poche preferenze, come del resto tutt gli altrii, ma sono sufficienti per andare al ballottaggio con Luca Pirondini. I due si scontrano al secondo turno ed a spuntarla è proprio la Cassimatis. Il problema è che Marika è amica di Pizzarotti (sindaco sovversivo ex Movimento 5 Stelle di Parma), ed è amica di una ex costola grillina di militanti genovani, da tempo fuoriuscita dal Movimento.

Morale della favola: Grillo accende il computer, scrive un pezzo sul suo blog, e la fa fuori. Il candidato è Luca Pirondini.

Lezione di democrazia. Anno 1940, o quasi…

10 –  Fuori dall’Euro(pa)

Se c’è un fattore che ha fatto crescere i consensi (ed i parlamentari) del MoVimento 5 Stelle, è stato quello della lotta per uscire dall’euro. Il MoVimento, infatti, ha sempre sostenuto che l’unico modo per risollevare l’economia italiana fosse quello di uscire dalla moneta unica europea.

Per la verità, una volta, si tentò anche di sostenere la tesi di indire un referendum per far scegliere i cittadini l’uscita o meno dall’euro. Cosa che, ovviamente, non è possibile. Evidentemente non erano così formati e informati da poterlo sapere. E vabbè…

Oggi questo argomento è stato sepolto. Insieme a tante altre cose, ma questo è sicuramente quello che ha il più alto valore simbolico e di consenso elettorale.

 

Ebbene, abbiamo ripercorso un decennio di trasformismo a 5 stelle. Un MoVimento partito nel segno di Robin Hood è arrivato, oggi, in quello dello sceriffo di Nottingham.

Il MoVimento 5 Stelle, in due anni di governo, ha portato a casa due sole questioni importanti, per cui era nato: il reddito di cittadinanza, e il taglio dei parlamentari. Due provvedimenti di cui abbiamo scritto molto, che faranno di questo Governo uno dei peggiori della storia d’Italia.