Passano gli anni, passano (e cambiano) i governi, ma in Italia la volontà politica di far crescere economicamente le imprese (e dunque la società) risulta sempre non pervenuta. Al contrario sembra sempre che guadagnare sia un reato, che mettersi in moto per la scalata sociale sia riprovevole.
Leggendo le prime indiscrezioni sul documento di programmazione economica aggiornato, si torna a parlare del taglio sulle detrazioni fiscali in base al reddito. Ma cosa è una detrazione fiscale? Una detrazione fiscale è l’importo che il contribuente ha il diritto di sottrarre all’imposta lorda, ovvero al totale delle tasse sui redditi di cui si è debitori verso lo stato, per stabilire l’imposta realmente dovuta.
Mario Sensini scrive sul corriere della Sera di oggi:
L’idea del governo è quella di una riduzione progressiva delle aliquote di detrazione a partire dai 100-200 mila euro di reddito annuo, fino al loro esaurimento per chi dichiara oltre 300 mila euro annui.
Cosa succede dunque: al salire del reddito dichiarato sale il taglio delle agevolazioni sulle detrazioni. Più guadagni e meno agevolazioni fiscali hai. Può sembrare una banalità o a primo acchito anche una giusta politica di equità sociale, ma in realtà in questo concetto è racchiuso tutto il malessere di una nazione. Le chiavi di lettura sono molteplici ma il sunto è che in Italia chi più guadagna è più tartassato dalle tasse. Il paradosso della crescita. Chi guadagna non viene incentivato a guadagnare ancora ma viene quasi fermato.
Fosse l’Italia un Paese che guarda al futuro dovrebbe iniziare a ragionare in base alle reali possibilità di sviluppo economico e sociale della propria popolazione ed iniziare a ragionare in questi termini: se guadagni 100 mila euro puoi detrarre il 25%, se guadagni 200 il 30%, se arrivi a 300 mila puoi detrarre il 35% e così via (fino ad un tetto massimo). In questa maniera le aziende sarebbero stimolare a produrre e lavorare di più; in poche parole: a crescere.
Fosse l’Italia un Paese “normale” uno si potrebbe aspettare che le detrazioni siano lineari, per un egualitarismo di bassa lega. Per cui ad ogni fascia di reddito la percentuale di detrazione sarebbe la stessa.
Ma l’Italia non è nessuna di queste ipotesi, l’Italia è messa peggio. Per cui avviene esattamente il contrario: se lavori poco vieni aiutato, se lavori tanto no, vieni anzi tartassato. Se fai più figli non hai sussidi, se apri un contatore di energia oltre il primo paghi di più. Se superi un certo reddito non hai sgravi, ma aggravi. L’Italia è il Paese delle banane: a chiacchiere e nei talk show siamo imbattibili, ma durante l’azione politica siamo tutto il contrario di tutto.
Come se produrre di più non comporterebbe più assunzioni, più consumo di energia, più tasse comunque. Ma l’invidia sociale sta alla base di ogni singola scelta.
E anche questo governo pone al centro proprio l’invidia per racimolare quattro spicci.