Di Fronte all’annuncio delle misure previste per la Fase 2, le reazioni sono state unanimi: troppo poco per maggioranza, opposizione, imprenditori, Confcommercio, troppo anche i preti e i vescovi. Ma soprattutto, troppo poco per i cittadini.
Delle difficoltà gestionali, che il Governo si trova ad affrontare in questa crisi, abbiamo già dato conto qui. E non vorremmo trovarci nei loro panni, perché sappiamo benissimo che si tratta di gestire la peggiore crisi contemporanea.
Non ci si aspettavamo un libera tutti suicida, ovviamente. La delusione viene semmai dalla palpabile assenza di un piano strategico, che a sua volta è causata dalla latitanza di un indirizzo politico forte (d’altronde, cosa aspettarsi da un Governo nato com’è nato?), con il risultato più temibile di tutti, specie in tempi di crisi: la sfiducia generalizzata. Perché se ci si dovrà affidare anche al senso di responsabilità individuale per la ripartenza, guai a far percepire ai cittadini che chi ha l’incarico di decidere non sa decidere. E il consiglio spassionato riguarda naturalmente anche i mercati, che non sono poi così cattivi, se uno ci sa fare i conti; e oltremodo riguarda l’Unione europea, dove la leadership, ma anche la legittimità, andrebbero sbattute sul tavolo più forte dei pugni.
Ma entriamo nel merito. Quando ci riferiamo alla mancanza di un piano, vogliamo dire che dal discorso del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sono mancate quelle indicazioni che informino sugli obiettivi da raggiungere e sugli strumenti per farvi fronte. Restare a casa non è un piano, così come non lo è restare a casa ma un po’ di meno. Eppure, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e da esperti di ogni dove le indicazioni arrivano, e sono chiare: fare molti più test, isolare i malati in strutture ad hoc, tracciare i contatti. Non una parola su questi tre punti. Si rinuncerebbe in questo modo a un monitoraggio esteso che permetta la realizzazione di inferenze statistiche più accurate, base di partenza per la messa a punto di un qualsiasi piano di gestione. Si rinuncerebbe altresì ad ovviare al problema più cruciale, quello del contagio domestico e interfamiliare: non produrre una soluzione significherebbe non far poggiare la ripartenza su una base sicura e non permettere il controllo di un’eventuale altra ondata di contagi. Infine, sul terzo punto, su che fine abbia fatto l’applicazione Immuni, quello che dovrebbe ancora essere l’avamposto tecnologico all’avanzata del virus, lasciamo cadere un velo di pietoso scoraggiamento.
Non pervenuta nemmeno una parola, nel discorso del Presidente Conte e nel testo del Decreto, su Regioni, differenziazione, razionalizzazione. Abbiamo già detto come sia un bene che la prerogativa decisionale sulla Fase 2 sia in mano al Governo e non ai singoli Governatori: meno confusione, meno giochi politici, meno protagonismi. Anche in virtù di un segnale di unitarietà del sistema Paese, importante tanto per la credibilità esterna quanto per l’effettività interna. Ma poi alla teoria, che almeno per una volta c’è stata, questo Governo non fa mai seguire la pratica: non è giustificabile l’applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale delle remissive misure annunciate. Secondo i dati del Ministero della Salute, le nuove positività fanno registrare una variabilità significativa: si va dalla Basilicata e il Molise, che oggi presentano uno numero nullo di nuovi casi positivi, alla Lombardia, la Regione più afflitta, che invece ne registra 590.
Come si spiega, allora, il fatto che il Molise debba uniformarsi alle stesse misure stringenti previste per la Lombardia? Non lo sappiamo, perché Giuseppe Conte in conferenza non l’ha detto. Però, in compenso, sono state tante le chiacchiere sull’orgoglio del Paese e sulla necessità del cambiamento, salvo poi scordarsi di articolarlo il cambiamento. Un timido accenno all’assunzione di responsabilità c’è stato, almeno riguardo al ritardo nei versamenti dei sussidi previsti dal Decreto Cura Italia. Responsabilità politica – altra cosa rispetto alla colpa – che andrebbe resa trasparente, se non altro come esercizio democratico, senza scaricare le colpe a destra e a manca. Ma per farlo, e chiudiamo il cerchio, occorrono competenza, leadership, legittimità: tragicamente assenti in questo Governo.