Matteo Renzi è tra i politici più abili nel panorama politico italiano. È innegabile.

Da sindaco ha dato vita ad una corrente interna all’allora partito più importante d’Italia (il PD); è poi riuscito ad ottenerne la segreteria nazionale; è riuscito a diventare Presidente del Consiglio da “esterno” (non era ancora parlamentare); con un colpo di reni ha tolto le castagne dal fuoco a Conte e messo le basi per il secondo Governo di legislatura; ha creato un partito nuovo ed oggi decide le sorti dell’esecutivo. Ed ha 45 anni. Chapeau

Ma il suo indiscusso atteggiamento di intraprendenza politica si ferma sull’uscio di Palazzo Madama. Da lì in poi tutto cambia.

Renzi è il politico italiano che riscuote meno fiducia tra gli elettori. Renzi è uno di quelli il cui partito lotterà, a prescindere quale sia la legge elettorale, per entrare in Parlamento. Il suo appeal con il popolo, sondaggi alla mano, è ai minimi termini.

E oggi aveva una grande occasione, recuperare l’affinità con l’elettorato, tornare in auge nella corsa al gradimento. L’occasione c’era ed era buona ed era un terreno a lui abbordabilissimo: la sfiducia ad un ministro giustizialista e del Movimento 5 Stelle. Una combo perfetta contro la quale Matteo Renzi, quello almeno degli ultimi due mesi, sembrava non vedesse l’ora di scagliarsi.

Ed invece? A parte il fatto che siamo convinti che un pensierino ce l’aveva anche fatto, niente… l’obiettivo di Renzi non è la gente fuori, non è il consenso politico, è il potere politico. L’obiettivo dell’ex premier sono i banchi e le seggiole dentro i palazzi della politica romana.

Dobbiamo però ammettere che stavolta stavamo per credere all’atteggiamento iniziale verso Bonafede; per un breve lasso di tempo abbiamo creduto che la sua intenzione di sfiduciarlo fosse (finalmente) un’azione dettata dal cuore. Ma è durato poco, il tempo di qualche ora; esattamente fino a quando l’ex Ministro Maria Elena Boschi ha salito le scale di Palazzo Chigi. Per rimanerci due ore.

Trattativa in corso.

Altro che sfiducia, altro che “mandiamoli a casa“. Renzi ha visto nella mozione di sfiducia a Bonafede, la possibilità di aumentare la sua presenza nei ruoli di governo. Una questione di poltrone insomma.

Niente da fare, su questo Matteo Renzi è forse il più abile tra i bachi della maggioranza. Semmai il problema, dicevamo, sta fuori.

Questi atteggiamenti la gente non li sopporta più, non li apprezza, al contrario li rifiuta, bollinandoli come inammissibili ed eticamente sbagliati. Le persone oggi giudicano la serietà, la coerenza, ed esultano non per una presidenza di un Cda in più, quanto per una battaglia politica andata a buon fine.

Il risultato di questa triste storia renziana su Bonafede porta con sè due presidenze di commissione in più ad Italia Viva e la salvezza del Ministro Bonafede, che da domani non sarà più sotto il fuoco “amico” del partito di Renzi.