Da anni il reddito di cittadinanza è il cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, eppure la misura che è stata approvata il 17 gennaio dal Consiglio dei Ministri è molto diversa da quella inizialmente immaginata dal movimento. Per definizione, nel dibattito economico, il reddito di cittadinanza è un trasferimento universale dato a tutti, cioè un basic income incondizionato. Una misura utopistica, pensata per un mondo in cui il progresso tecnologico avrà spazzato via molti posti di lavoro. Il reddito di cittadinanza varato dal governo gialloverde è invece un reddito minimo molto selettivo: è riservato solo ai poveri in cambio di precisi impegni di reinserimento lavorativo e sociale. In un disegno di legge M5S del 2013, l’obiettivo era portare tutti i redditi al livello della soglia di povertà relativa – che guarda caso per quell’anno valeva 780 euro al mese per una persona sola – con una spesa di 30 miliardi, superiore alle possibilità del Governo. Dopo successive riduzioni dei trasferimenti, e dopo un lungo braccio di ferro con la Commissione europea, si è arrivati all’attuale stanziamento di 6 miliardi nel 2019: una spesa in deficit che l’anno prossimo richiederà l’aumento dell’Iva o altre misure restrittive equivalenti. La platea prevista si è ristretta a 1,7 milioni di famiglie, che corrispondono ai numeri di nuclei in povertà assoluta in Italia, ma la soglia di accesso per una sola persona è rimasta a 780 euro – una cifra simbolica che non si poteva cambiare- calcolata secondo il criterio relativo.

I POSTI DI LAVORO AUMENTERANNO?
La creazione di nuovi posti di lavoro può avvenire soltanto con una crescita superiore all’1 %, lontana dalle stime previste per il 2019. Defiscalizzazioni, snellimento della burocrazia e infrastrutture: queste sono le misure strutturali di cui l’Italia da tempo ha bisogno per tornare a far crescere produzione a assunzioni. Misure tampone a breve termine rischiano di rimandare il problema, o addirittura ingigantirlo, come nel caso del reddito di cittadinanza che potrebbe creare una nuova sacca di lavoro precario, formata dai cosiddetti navigators, coloro cioè che si occuperanno di individuare le offerte di lavoro per i destinatari del reddito.

CHI NE TRARRÀ MAGGIORI BENEFICI?
A trarre maggiormente beneficio dalla misura saranno i nuclei monoreddito, a scapito delle famiglie più numerose. Questo perché c’è un errore di fondo nel calcolo della soglia di accesso di 780 euro, calcolata secondo i criteri di povertà relativa e non assoluta, a cui invece fa riferimento la platea dei destinatari del reddito. La quota di famiglie in prima linea tra i futuri beneficiari del reddito di cittadinanza è molto elevata tra le persone sole (22,6% del totale di riferimento) e i single con figli (21,5%), mentre è più contenuta tra le coppie senza figli (7%) e quelle con prole (6,3 per cento).

Primo giorno per fare richiesta del reddito di cittadinanza presso l’ufficio postale centrale in via Alfieri, Torino, 6 marzo 2019.
ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

CI SARA UN AUMENTO DEI CONSUMI?
Con il reddito di cittadinanza non si potrà acquistare liberamente. È prevista l’erogazione di una card con cui si potranno pagare i beni designati per legge, prelevare contanti (con un tetto di 100 euro al mese se il beneficiario è uno, ma si sale fino a 210 euro se nel nucleo familiare ci sono più persone), effettuare un bonifico mensile per pagare l’affitto o il mutuo. L’ammontare non speso o non prelevato è sottratto – nei limiti del 20 per cento del beneficio erogato – nella mensilità successiva a quella in cui il beneficio non è stato interamente speso.
Al di là delle varie limitazioni, va considerato il fatto che la misura in questione è in deficit, e che perciò sono prevedibili misure di aggiustamento restrittive per il prossimo anno. Un aumento dell’Iva, la misura più probabile, intaccherebbe i consumi soprattutto del ceto medio. Inoltre, la misura non tiene conto della differenza dei costi della vita tra nord e sud.

Fonte: Sole 24 Ore

Vi sono molte ragioni per essere scettici sulla possibilità che il reddito di cittadinanza possa creare condizioni di crescita, o che possa avere almeno effetti su povertà ed esclusione sociale. Così come è stata approvata, con un mix di politiche attive e strumenti assistenzialistici, la misura sembra rispondere più a esigenze di propaganda che sociali. Piuttosto che reddito di cittadinanza, il nome più appropriato sarebbe sussidio a termine. E il rischio peggiore è che si siano creati dei poveri di Stato, da alimentare a seconda del turno elettorale.