La scure del finanziamento illecito si è abbattuta sul Movimento 5 Stelle. I fatti (presunti):

  1. Secondo il quotidiano spagnolo ABC, il Governo Chavez finanziò 3,5 milioni di euro al MoVimento 5 Stelle nel 2010.
  2. Il denaro sarebbe stato consegnato in contanti a Gianroberto Casaleggio attraverso il Console venezuelano a Milano Gian Carlo di Martino.
  3. I soldi provenivano dai fondi dell’allora ministro degli interni Tareck el Aissami del Venezuela con l’avallo di Nicolas Maduro, allora al dicastero degli esteri.

Il Movimento 5 Stelle sta vivendo il peggior momento della sua storia, con una serie di frazionamenti e risse interne che sta per far implodere i gruppi parlamentari. Con questa premessa la notizia è stata assolutamente un colpo da K.O., o quasi. Perché il ministro degli esteri italiano, e leader del partito grillino, si è affrettato a dire che si tratta soltanto una fake news, cercando di rispedire al mittente l’ordigno.

La bomba l’ha armata Garcia Rey Marcos sul quotidiano spagnolo ABC, pubblicando un documento in cui viene certificato, con data 5 luglio 2010, la consegna di 3 milioni e mezzo di euro in denaro a Gianroberto Casaleggio.

“Siamo davanti alla più grande fake news della storia, con questo documento, hanno fatto 24 ore di fango”.

E’ stata la risposta del sottosegretario cinque stelle agli esteri Manlio Di Stefano.

Stiamo parliamo di un episodio di oltre dieci anni fa, che vede uno dei suoi protagonisti defunto (Casaleggio) ed i reati di imputazione anche difficili da trovare, perché la legge prevede che il reato di finanziamento illecito ai partiti si realizzi quando i fondi vengono elargiti da una società senza che gli organi della stessa deliberino e senza che quei fondi vengano iscritti a bilancio. In questo caso non esistono società, ma organizzazioni governative. E comunque, per via dei tanti anni passati, per la legge italiana sarebbe tutto prescritto.

Rimane però il fatto che questa mattina Garcia Rey Marcos non ha arretrato di un centimetro sulla veridicità delle sue fonti e del documento pubblicato, come dimostra l’intervista che ha rilasciato a Libero Quotidiano, in cui ha specificato

Sul tema del Venezuela sto lavorando da oltre tre anni, e per ottenere questo documento ci ho lavorato per tre mesi. Non è una cosa estemporanea. Ho avuto buone fonti in molti Paesi, incluso il Venezuela. A febbraio mi è arrivato via posta quel documento, che raccontava una storia. Ho fatto tutte le verifiche necessarie per controllare se fosse autentico. Non l’ho pubblicato il giorno dopo. Solo dopo tre mesi di riscontri ho deciso di pubblicare l’articolo.

Mentre la costellazione grillina, preoccupata per la notizia, si barcamena nelle dichiarazioni di circostanza, gli alleati di governo non sono così timidi. Matteo Renzi ad esempio non le manda di certo a dire:

… è giusto che si indaghi, come si è indagato per Matteo Salvini per la vicenda russa.

Anche il capogruppo PD al Senato, Andrea Marcucci non utilizza parole al miele:

Io sono e resto garantista anche in questo caso. Certo sul regime del Venezuela le posizioni rispetto al M5S non potrebbero essere più distanti: noi rigorosamente con la democrazia, il partito di Grillo, Di Maio e Di Battista fino all’ultimo con il dittatore Maduro.

In attesa di capire come andrà a finire, cosa molto complicata per via della lontananza dei fatti, degli Stati coinvolti e di una indagine che probabilmente presto partirà, la mediaticità dei fatti ha fatto il giro del mondo.

Questo episodio, che speriamo si risolva in una bolla di sapone, non tanto per la stima nei confronti dei MoVimento di Beppe Grillo, quanto per la bad reputation che ne deriverebbe per l’Italia, porterà il M5S a capire (a prescindere che abbia torto o ragione) come ci sente nel bel mezzo di una pioggia di fango. Loro, abituati a mettere alla berlina chiunque venga scritto su un quotidiano con accanto la parola “indagato“, questo status non lo hanno conosciuto finora.

Come ci si sente?