La seconda ondata virale è arrivata, siamo entrati ufficialmente nella parte iniziale del violento ritorno del Coronavirus. Il nuovo Dpcm del 18 ottobre è la prima vera difesa che il governo ha messo in campo dopo la pausa virale estiva.

Una serie, non molte per la verità, di regole più o meno stringenti per i cittadini; ed alcune indicazioni ai vari livelli di governo per aumentare le restrizioni a livello locale. Molte le criticità finora emerse, il decreto non solo fa acqua da tutte le parti, non solo è oggetto della peggiore satira del web, ma è da considerarsi un’azione tardiva a tutto ciò che è stato tra il 4 maggio (inizio Fase-2) al 18 ottobre (uscita Dpcm).

Parliamo di 167 giorni dove oltre alla chiusura delle discoteche avvenuta sulla porta del Ferragosto, niente è accaduto. E pensare che della seconda ondata parlavano anche i sassi, oltre ovviamente agli istituti sanitari di tutto il mondo. Il virus non si è mai arrestato, al contrario alcune zone del mondo hanno subìto un’aggressione notevole proprio sotto il periodo estivo. Eppure in Italia, la maggioranza M5S e Pd, era beatamente in vacanza.

167 giorni che potevano essere sfruttati per organizzare il trasporto pubblico locale alla ripresa delle scuole ed al termine della maggior parte dello smart working nella PA e nelle aziende pubbliche.

167 giorni che potevano essere utilizzati per attingere al Mes, riorganizzare il servizio sanitario nazionale e locale, per far trovare pronti gli ospedali italiani questo inverno.

167 giorni che potevano essere utilizzati per definire il percorso scolastico 2020/21 per gli studenti italiani di tutti tutte le fasce d’età.

167 giorni che, invece, non sono serviti a nulla, neanche ad arginare il rischio che il Recovery Fund possa essere l’ennesima mancia elettorale distribuita a pioggia sul terreno Italia. Inutile e dannosa. Perchè oltre alle chiacchiere, anche sul RF, non si è ancora visto nulla di concreto.

Più che il testo del Decreto del 18 ottobre, preoccupa l’atteggiamento del Governo, quello che ha tenuto nei mesi scorsi, quello che sta tenendo ora e quello che terrà, considerato tutto.

Sappiamo bene che non era facile gestore questa emergenza, l’ultima pandemia risale esattamente a cento anni fa (la spagnola). Ma i coprifuoco serali, istituiti il 18 ottobre, sono veramente un pastrocchio che peggio non si poteva. Come si fa a pensare che chiudendo i locali la sera, per evitare i contatti sociali degli aperitivi o i “post cena”, si possa arginare una pandemia così importante? Specie se poi, le stesse persone che si vieta di far incontrare la sera al bar, si ritrovano la mattina successiva su un Tram o un bus ad alta frequenza? Vogliamo parlare dei controlli? Come fanno le amministrazioni a dotarsi di personale per vigilare il territorio in maniera così capillare? Un vero e proprio disastro, che trova origine nella negligenza dei 167 giorni trascorsi facendo finta di non vedere i problemi legati al Tpl che sarebbero sorti e che oggi sfociano in una serie di restrizioni assurde e fortemente penalizzanti.

Attenzione, non riteniamo che il virus non esista. Al contrario, siamo ben consapevoli della pericolosità non solo del Covid-19 stesso, quando del collasso del sistema sanitario italiano, che non è assolutamente pronto a raccogliere malati in terapia intensiva se il ritmo del coronavirus rimane questo. E ci fa anche specie leggere commenti di tuttologi del web, che spiegano che il virus fa gli stessi morti dell’influenza e che i morti sono giustificabili perché hanno malattie pregresse.

Proprio per questo giudichiamo negativamente l’operato di Conte e dei suoi ministri, perché hanno perso del tempo per correre ai ripari. Task force, fior fiori di dirigenti pubblici, collaboratori scelti ad hoc dai singoli dicasteri e chi più ne ha più ne metta. Un esercito che non è servito a niente. Se non ha proibirci di uscire la sera.

Un governo che non ha dato credito al Prof. Crisanti, che ad agosto aveva preparato un documento chiesto dal governo sul contenimento della pandemia, rimasto miseramente nel cassetto. Si legge nell’introduzione al documento, firmata dal professore, intitolata non a caso “Il mio piano inascoltato”:

L’obiettivo era quello di dotare l’Italia di un sistema di sorveglianza attiva in grado di bloccare sul nascere i focolai di trasmissione di Sars-CoV-2. Il piano, nella forma di una bozza preliminare, delineava la dinamica di trasmissione del virus e i fattori che ne influenzano i possibili scenari. Nella sostanza si proponeva di dotare l’Italia di una rete di laboratori fissi e mobili per incrementare a 400.000 la capacità di effettuare tamponi ed eliminare differenze regionali con l’obiettivo di consolidare i risultati del lockdown e mantenere i contagi a un livello basso che non interferisse con la qualità della vita e le attività produttive

Davanti abbiamo la nebbia, tanta nebbia, ma a spaventarci di più non sono le condizioni ambientali, quando chi sta guidando la macchina. Quello si ci fa paura…