Fino al 1993 la questione del voto era un fatto molto poco personale. Sembrerà un concetto sbagliato, una definizione forse errata, ma se siete troppo giovani potete chiedere ai vostri genitori come si sceglieva dentro le mura domestiche per chi votare e su quali criteri si decideva (ad esempio) la preferenza da scrivere sulla scheda elettorale.

Come si organizzava invece il voto dalla parte della politica?

Sicuramente alla base c’erano i signori delle tessere, che avevano in mano gruppi di famiglie e un determinato numero di militanti che a lui rispondevano, persone più o meno attive che organizzavano il consenso sul territorio; erano delle vere e proprie sentinelle. Le tessere (queste sconosciute ormai) servivano per decretare il segretario politico della sezione cittadina, provinciale, regionale fino ad arrivare a quella nazionale. I segretari di partito, ad ogni livello, decidevano i vari candidati da presentare alle elezioni.

Poi c’erano i signori delle preferenze, scelti dalle segreterie di partito, che ad ogni elezione facevano affidamento sui signori delle tessere e su ampli strati della società per essere votati ed eletti.
Spostare i voti da un politico ad un altro, anche dello stesso schieramento, era una questione assai complicata, perché questi personaggi avevano un grande potere decisionale (sia essi consiglieri regionali, parlamentari o membri di governo). Parliamo degli anni ’70 e ’80 quando i voti si compravano con una grande spesa pubblica, con tante assunzioni e favori nella PA. L’elettorato era molto seduto, poco mobile ed aveva una grande riconoscenza verso i propri politici.

E poi venne il 1994. Quando per la prima volta il singolo individuo ha votato senza sentirsi vincolato ad un concetto o ad un ideale. Così è nata Forza Italia, così è nata la Seconda Repubblica.

 

Dal 1994 in poi i signori delle tessere sono andati in via di estinzione (sparite le tessere ed il loro meccanismo). Anche i signori delle preferenze hanno iniziato a stentare, ad arrancare, a non trovare più il giusto appeal con il loro elettorato; e questo è avvenuto per due motivi: i colonnelli sul territorio non hanno più potere di incidere come si faceva nella Prima Repubblica, in questi anni la gente comune si è legata più ai leader che ai colonnelli sul territorio ormai poco incisivi nella propria attività. La preferenza è diventata così un gesto spontaneo e non più spintaneo. Grazie a questi concetti e ad un video di 9 minuti e 25 secondi Silvio Berlusconi ha travolto il postcomunismo e segnato la fine di un’era.

Oggi, a distanza di venticinque anni da quel video, alla soglia della fine della Seconda Repubblica, stiamo assistendo ad un altro cambiamento sostanziale, ancora più spinto verso la completa autodeterminazione del popolo e la personalizzazione del voto. Ruolo chiave del cambiamento è sicuramente la famiglia (decisamente meno “pesante” rispetto a prima) che non decide più per tutti (addio verticismo, addio paternalismo), ma ogni elemento di essa, ormai slegato da un certo vincolo familiare, pensa come una cellula a se stante. Se a questo si aggiunge la spettacolarizzazione dei movimenti politici, ed ancor di più di chi li rappresenta, oltrea all’avvento delle nuove tecnologie (social network e sviluppatissimi hardware), ci rendiamo conto della portata storica del cambiamento.

Siamo di fronte ad una nuova epoca dunque, in cui i partiti e la politica dovranno adeguarsi ad una nuova società, che rispetto a vent’anni fa ha nuovi modi di vivere, di relazionarsi e di pensare (o meglio ripensare) la cosa pubblica.Prima i partiti tradizionali e popolari se ne accorgono, e prima mettono i piedi dentro la Terza Repubblica.