C’era un tunisino, un turco e uno spagnolo…” potrebbe iniziare così quella che a tutti gli effetti ci sarebbe piaciuta derubricarla come una barzelletta. Ma una barzelletta non è, purtroppo.

Si tratta del board che guiderà le politiche del Consiglio Oleicolo Internazionale (Coi) per i prossimi cinque anni. Ed è una notizia vera.

Wikipedia:

Il Consiglio Oleicolo Internazionale è l’unica organizzazione internazionale al mondo dedicata all’olio d’oliva e olive da tavola. Ha la sua sede a Madrid, dove è stato creato nel 1959 sotto gli auspici delle Nazioni Unite. Il Consiglio contribuisce in modo decisivo allo sviluppo responsabile e sostenibile dell’olivo e fornisce un forum mondiale in cui le politiche vengono discusse ed adottate per affrontare le sfide che attendono il settore. Si compone di 17 membri, uno dei quali è l’Unione Europea, in rappresentanza di tutti i suoi paesi produttori di olive da tavola ed oli d’oliva.

Il segretario di questo organismo è stato sempre scelto secondo un principio di rotazione tra i vari paesi membri e a questo giro sarebbe toccato all’Italia. Con l’astensione del delegato dell’Ue e con la complicità della Spagna, alla fine si è optato per la conferma del segretario uscente Abdellatiff Ghedira (Tunisia) e per la nomina di due direttori aggiunti: lo spagnolo Jaime Lillo e il turco Mustafa Sepetç.

Badate bene non è una questione di etnia o razza. Lungi da noi. Il problema è di natura politica e culturale.

Da un punto di vista politico c’è da chiedersi perché il nostro alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri Federica Mogherini sia stata così inefficiente nel difendere una scelta abbastanza scontata alla vigilia. Non c’era da fare una forzatura, c’era da difendere un accordo pregresso. Gennaro Sicolo, presidente di Italia Ovicola, commenta così i fatti:

Dopo aver avallato le importazioni di olio tunisino a dazio zero e senza controlli, che hanno danneggiato non poco la nostra produzione ed il nostro mercato, numerose autorevoli fonti ci confermano che Federica Mogherini avrebbe dato il via libera alla riconferma del ticket Ghedira (Tunisia) – Lillo (Spagna) alla guida del Consiglio Oleicolo Internazionale. Pur apprezzando l’impegno ed il lavoro della governance attuale, riteniamo che l’Italia sia assolutamente in grado di esprimere una personalità capace di portare avanti una politica mondiale dell’olio extravergine d’oliva basata sulla qualità e sul rispetto dei produttori e dei consumatori”.

Da un punto di vista culturale ci spaventa molto il tema della trasparenza, tanto caro a noi italiani e forse meno ad altre nazioni come la Spagna o i paesi del mediterraneo non europei. Trasparenza che è anche sinonimo di qualità e che con l’asse arabo – spagnolo rischierebbe di essere fortemente minata. Il tema dell’olio a basso costo è un tema sul quale le nostre associazioni di categoria sentono il fiato sul collo e il fatto che sia stata fatta una battaglia contro la guida italiana dimostra che il “made in Italy” sia, per i Paesi con la maggior produzione di olio, un serio pericolo. L’abbassamento dei controlli sarebbe per il nostro Paese una vera mazzata, ma il rischio è veramente alto.

Scrive Attilio Barbieri su Libero:

Fra i nostri operatori del settore lo sconforto è massimo: è come aver consegnato le chiavi dell’ oliveto-Italia alla Conferenza Islamica. Con la benedizione colpevole di Spagna e Unione europea.

Da tempo Madrid spinge per allentare i controlli visto che la maggior parte delle 1.600 tonnellate di olio extravergine d’ oliva prodotte in Spagna sono di qualità scadente. L’ oro verde italiano, che si distingue per caratteristiche chimiche ed organolettiche uniche, capace di farne un prodotto eccelso, dà fastidio. Resta il benchmark, il termine di paragone cui rapportare tutti gli altri prodotti.

Un po’ come accade con il Bund tedesco fra i titoli del debito sovrano. Basta alzare la soglia dei difetti e il «meglio» si sparpaglia per tutto il bacino del Mediterraneo

Questo ci preoccupa molto, l’Europa che fa Ponzio Pilato pure.