Il termometro della giustizia, in questi ultimi tre mesi del 2020, segna febbre alta. Il 22 ottobre la sentenza su Mafia Capitale che ha stabilito che non si trattava di Mafia Capitale. Poi la vicenda della 19esima assoluzione di Bassolino. Infine ieri i dati sui tribunali italiani che mettono l’Italia come fanalino di coda in Europa per i processi.

Mafia Capitale – specchietto AGI

Ottobre

Roma, finalmente, potrà riacquistare quella aurea di dignità che cinque lunghi anni di giornalate sulla mafia gli hanno tolto. Si sono girati film, scritti libri e tante prime pagine. Si è lasciato intendere alla gente che nella Capitale vigeva un regime di corruzione di stampo mafioso diffuso e consolidato. Alla fine però, è stato tutto derubricato, dalla Cassazione, ad una serie di brutte storie di malaffare. Lo stampo consociativo non è mai esistito.

Il che non significa che non si sono commessi dei reati. Bechis scrive sulle colonne de Il Tempo “non imputati non erano angioletti“, ma questi 5 anni hanno ridimensionato la gravità dei fatti al tempo annunciati. Anni di fango e schiaffi più grossi di quanto, evidentemente, gli imputati si sarebbero meritati. Ma Mafia Capitale non è mai esistita.

FILE-Antonio Bassolino, shown in this May 1, 1999 file photo, announced he resigned from his position as minister of labor Monday, June 21, 1999. Cesare Salvi will replace him. (AP Photo/Plinio Lepri/files)

Novembre

È stato il mese della riabilitazione (mediatica) di Antonio Bassolino, ex sindaco di Napoli, ex Governatore, ex ministro del lavoro. Antonio Bassolino è stato vittima di un calvario giudiziario che va avanti almeno dal 2006, quando la politica decise di scaricarlo. Ma lui non si è mai dato per vinto, rinunciando, addirittura, alla prescrizione nell’ultimo processo, allungando i tempi della sentenza, ma arrivando, anche qui, ad una assoluzione.

La giustizia, su di lui, ha sempre sbagliato. Un’odissea di accuse smontate pezzo per pezzo, su tutte quella del caso rifiuti in Campania quando era commissario.

Ma quante vittime ci vogliono ancora? Quanti altri casi Bassolino dobbiamo avere perchè la politica si convinca a stipulare un patto fra gentiluomini? A stabilire una volta per tutte che non ci si può scagliare le vicende giudiziarie l’uno contro l’altro come se fossero armi, e che la delegittimazione a colpi d’indagini e processi è esiziale per la politica? Cos’altro ci vuole per capire che nessuno restituirà a Bassolino il tempo perduto?

Ha ragione Michele Vietti, già vicepresindente del Csm. Aggiongiamo: chi riabiliterà ora Antonio Bassolino? Perchè il Pd, il partito che con tanta facilità lo ha scaricato ora non lo rimette in gioco (politicamente)?

Dicembre

Poi c’è il tema del “Rapporto sull’efficienza e la qualità della giustizia in Ue” stilato dal Consiglio d’Europa. Per l’Italia un vero massacro.

L’Ue ha calcolato che nel 2018 il tempo medio per pronunciare una sentenza penale di primo grado è stato di 361 giorni (record europeo). In 4 processi pensali d’appello su 10 il tempo medio per arrivare a giudizio è di 730 giorni. Per una sentenza civile di primo grado in Italia occorrono 527 giorni di media (in Europa 233), per una sentenza amministrativa 889 giorni (rispetto alla media europea che è di 323 giorni). La sentenza definitiva in terzo grado può arrivare in media a 1200 giorni.

Oltre ai dati sconfortanti emersi dal rapporto c’è un sondaggio interessante sulla fiducia che gli italiani ripongono nella giustizia: per il 36% dei cittadini la magistratura italiana è soggetta ad interferenze del potere economico, per il 37% dal potere politico.

Tutto messo nero su bianco nel rapporto Ue.

 

Tre mesi che ci mostrano lo stato delle cose dentro e fuori le aule di tribunale. Un vero peccato perchè una giustizia efficiente potrebbe essere anche un’attrazione per tante imprese straniere. Ma quale sarebbe il valore economico di una giustizia normale in Italia? Si calcola che un sistema giudiziario normale porterebbe al nostro Paese 30 o 40 miliardi di Pil e potrebbe attirare 170 miliardi di investitori esteri che attualmente sono spaventati dalle lungaggini processuali.

Se sommiamo queste considerazioni al recente scandalo Palamara, abbiamo un quadro completo esauriente e la dimensione dell’importanza di un rapido processo di riforma organica della Giustizia italiana.